Lui è il Genio cosmico, l’Argonauta del suono, il Mozart dell’elettronica, il Magritte della musica, insomma un visionario per metà uomo e per metà extraterrestre che ci traghetta verso Universi astrali ed ancestrali con un Arte di cui sembra detenerne autorevolmente il trono di pioniere precursore massimo, se non altro per la sua indiscutibile capacità di aver saputo comunicare un genere così astruso ad un pubblico fin troppo numeroso (a differenza dell'altro guru Klaus Schulze). Jarre puntella ulteriormente la sua lunga discografia con il sequel della sua seconda opera di successo: “Equinoxe”. La prima, “Oxygene”, fu rielaborata solo due anni fa e fu un autentico capolavoro. Il settantenne musicista francese non è solo straordinariamente attivo ma anche ispiratissimo: i suoi 4 album negli ultimi medesimi anni rappresentano il meglio della sua intera opera. La sua maturità sembra incedere al totale beneficio e perfezionamento della sua Arte e  con “Equinoxe infinity” è possibile evidenziare anche la cura del packaging. La grafica propone due possibilità: i celebri “watchers”  sono replicati moai  dentro paesaggi solari ed eterei o dentro paesaggi alienanti, alienati da cyber-avvenimenti distruttivi. Due scelte trasversali dell’equinozio! La partenza di questo viaggio rivoluzionario è solenne, Jarre ci apre le porte, anzi pesanti e regali portoni, e possiamo iniziare a scorgere ed ammirare il paesaggio surreale di totem volanti in un tempo infinito. “Flying totems” è un po’ l’inno musicale del musicista francese che ci rimanda inquivocabilmente ai tempi di “Industrial Revolution”, un’accennata melodia trainante dentro una danza vorticosa di contrappunti metallici e sinusoidali. Con “Robots don’t cry” ci fa scorgere i particolari, il tempo si diluisce e rallenta sensibilmente, un mellotron avvolge l’atmosfera e violini sintetizzati e piangenti conducono questo passaggio di pura poesia nella quale improvvisamente piomba in un silenzio celebrato da gocce pianistiche immensamente calibrate. Ormai siamo dentro universi floydiani ed è il momento di staccare tutto e perdersi nel pezzo più seducente: “All that you leave behind”. Un ritmo blando ma preciso ci slega da tutto e fluttuiamo liberi da quello che è stato, nella sequenza strepitosa di 3 note cullanti. “If the wind could speak” è un breve e balbettante intermezzo che rimanda piacevolmente ai tempi di “Chronologie” ma è anche il corridoio ai rimandi danzerecci della produzione ’80, con tanto di rispolvero del Fairlight. “Infinity” è una giocosa parentesi funzionale. Il ritmo si fa palpitante ed i  vagiti robotici di “Machines are learning” ci catapultano ancora nel cuore di questo viaggio. “The opening” è un revival di suoni e melodia avvincente, un architettura perfetta di sequenze, che ci tiene ostaggi incantati. Si giunge al termine: prima “don’t look back” funge da reset mantrico e poi “Equinoxe infinity”, un ambient in cui riecheggiano suoni sinusoidali, liturgia di un andare e venire, apparire e scomparire nella magia infinita di un grande Jean Michel Jarre.
Best tracks: “Robots don’t cry”, “ All that you leave behind”, “The opening”. 8/10


DREAM THEATER in tour:
Date tour in Italy:  Villafranca di Verona, at Rock the Castle, 5 july 2019.

DREAM THEATER will release the new album "Distance over time" on 22th february 2019.

MUSE in tour:
Date tour in Italy:  Milano, at Stadio San Siro, 12/13 july 2019, Roma, Stadio Olimpico, 20 july 2019.