Il progetto LR dovrebbe chiudersi con quest’ultimo capitolo della trilogia, ed il leader nonché polistrumentista John Mitchell è riuscito a farlo con una velocità ed una qualità disarmante se pensiamo ai suoi impegni con gli Arena e le innumerevoli collaborazioni in ambito Prog. Un breve intro strumentale introduce “Ancient ascendant”, rock catchy 100%. Interessantissima la successiva “Icarus”, dai supersynths anni ‘80… che si fa tanto cantare! “Under stars” invece richiama subito alla “Lea” dei Toto quando canta “We are..” con quel groovy sussurrato ed il guitar-solo alla Lukather. Ancora pop anni ’80 in “Authorship of our lives” ma neanche il buon solo chitarristico ne allenta la noia. L’effettata e lieve “The signal” funge da intermezzo per il rock stucchevole di “The only time…”. Molto più avvincente il prog di “When gravity fails” che evidenzia il basso di Steve Vantsis, il batterista Craig Blundell ed il bel lavoro tastieristico di Mitchell che però scade in un cantato ripetitivo e forzato. Nella successiva e melodica “How bright is the sun?” invece le vocals funzionano meglio, forse il pezzo più riuscito con ottimi interventi tastieristici e chitarristici. Mitchell è un chitarrista “coi fiocchi” e lo dimostra nella strumentale “Inside the machine”. “An ending” ci saluta sommessamente. A parte qualche buon pezzo, l’album non mi ha entusiasmato…forse davvero troppo frettoloso.
Best tracks: “Icarus”, “How bright is the sun?”, “Inside the machine”. 7/10