Il successore dell’ottimo “Helios/Erebus” arriva dopo 3 anni e la band irlandese sembra calibrare con sempre maggiore perizia l’esperienza accumulata nel campo in cui sono visti primeggiare da anni, il cosiddetto post-rock. Già l’iniziale “Epitaph” ci introduce nell’etereo ed ipnotico mondo dei GIAA, un pezzo strutturato su un’ inusuale sequenza al piano. Si fa ricordare. La successiva “Mortail coil” spinge sull’accelleratore tra vorticose distorsioni chitarristiche e base tastieristica, i cori finali firmano un bel pezzo. I ritmi scendono blandi e affascinanti con la melodiosa e struggente “Winter dusk/awakening”, potrebbe apparire scontata ma è concepita e arrangiata invece in modo impeccabile, basta “capire” la parte finale. Scontata può invece essere “Seance room” che viene subito dimenticata dalla stupenda “Komorebi”, poesia alla Sakamoto. Mondi stellari riecheggiano in “Medea” che invoca tutto “l’Astronaut sound”. Ancora il minimalismo pianistico ed elettrificato di “Oesin” chiude  l’album nel modo più azzeccato per indicare la via del nuovo corso della band. La band riprende il loro celebre “All is violent, all…” e lo nutre d’esperienza e musicalità... non era facile “reinventarsi” in uno stile limitato.
Best tracks. “Epitaph”, “Mortail coil”, “komorebi”. 8/10