Nick Barrett non ha mai fallito e non poteva farlo dopo 6 anni dall’ultimo “Men who climb mountains”. Ritorno a sonorità più leggere, ariose e prog dei primi lavori, quelli degli anni 90’, quelli che li hanno cristallizzati tra le migliori band prog britanniche e non solo (e lo si capisce anche dall’artwork tornato ad uno “stile artigianale” dopo le “avvisaglie digitali”) . Solita line-up a parte il ciclico saliscendi “sulle pelli”, ora figura l’ottimo Jan Vincent Velasco alla batteria. Già dall’iniziale “Everything” si percepisce il cambio di direzione stilistica dagli ultimi lavori più metal e sperimentali, una specie di inno del loro sound degli esordi, con proprio tutti gli elementi compositivi che li hanno caratterizzati. La successiva “Starfish and the moon” è un altro pezzo alla Pendragon, questa volta meno ritmo e tanto sogno: la voce di Barrett accompagnata dal piano in un atmosfera eterea e carezzevole. Con questo riscaldamento si impenna l’asticella forse al picco massimo: “Truth and lies”. Contagioso arpeggio di chitarra barrettiana, sostenuto da tappeti tastieristici degni del miglior Nolan aprono il pezzo fino ad esplosione sonora da brividi. Assolo struggente, stiloso, gustoso, straordinario all’elettrica di Barrett degna del miglior Gilmour. Ancora un inchino a questo straordinario chitarrista che trascina come pochissimi sul manico della sua tastiera. Ogni sua nota è una gemma nel cuore...e si riacquieta ancora nel bellissimo arpeggio iniziale. “360 degrees” rappresenta la voglia più spudorata di recuperare certe radici folk con tanto di violini e mandolini (ukulele) che firmano il pezzo più barocco dell’album. Solo una parentesi perché “Soul and the sea” ci ricatapulta nelle atmosfere di “Truth and lies”: ancora arpeggi e violini di fondo e da preludio, 4 note sospese (ma ben impresse) al piano ed il brano esplode in un refrain irresistibile. Nolan detta i tempi e Barrett lo segue in un tripudio vorticoso, carico di elettricità e pathos maestoso. Bellissima! Non c’è tempo di rifiatare perché la successiva “Eternal light” parte subito carica e con grande ritmica di Velasco. Questa volta gli arpeggi si alternano tra quelli di Nolan e di Barrett e comunicano con un falsetto di cori tastieristici fino all’ennesima esplosione chitarristica di Barrett che prima rimarca il motivo con la sei corde e poi finisce in un altro assolo favoloso, tenendo le note come in pochi sanno fare. Tutto verrà giustamente ripetuto ed intervallato da notevole intermission tastieristica. Entusiasmante! Serviva un brano decompressore e giunge la pacata “Water”, che permette prima a Velasco di dimostrare velatamente tutto il suo gusto e poi a Barrett di tirare fuori l’ennesimo guitar-solo da applausi scroscianti. Le note di pianoforte su “Whirland” richiamano prima il romanticismo dei Genesis e poi la pomposità degli Yes (Wakeman) fino all’inserimento di un sassofono che segna il pezzo in un’inconsueta e rarefatta atmosfera. C’è ancora spazio per articolare un brano più tirato ed epico, da collegamento con l’album precedente, prog puro alla Pendragon che riconsegna lo scettro a Barrett, si dimena tra cantato (molto riuscito), acustica in accordi e arpeggi e poi solo sulla sua fida elettrica  ben accompagnato dai tamburi di  Velasco. A chiudere questo bellissimo album servirebbe una specie di “Am I really losing you?” e quindi ci è servita una degna gemella, costruita più sul lavoro di Nolan, egregio ed ispirato chiude con una sequenza tastieristica che lascia il segno, al cuore. Non ha invenzioni o genialate ma è tra gli album più belli della band assieme a “Not of this world” e “Passion”, dopotutto i Pendragon hanno sempre mantenuto un altissimo livello di Musica (incompresa ai più).
Best tracks: "Truth and lies", "Soul and the sea", "Eternal light". 8/10


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