Inaspettato seguito di “Pitfalls”, quello che doveva essere un EP che ne raccogliesse i pezzi esclusi diventa un vero album che vede sempre più forte la presenza degli archi ed ora anche gli ottoni  dei Blasemafiaen. Il solito e vero protagonista resta comunque Einar Solberg, dominatore assoluto del marchio artistico e commerciale. Le composizioni si fanno sempre più articolate, complesse non tanto per le idee innovative ma per una voglia spasmodica di inserire nuovi timbri sonori, qualcosa di nuovo. Sin dalla partenza però si ha sentore sostanzialemnte di “aria fritta” perché il cantato di Solberg per quanto sontuoso ed impeccabile comincia a diventare prevedibile, almeno per chi conosce i loro ultimissimi album. Non è lui a seguire la musica ma quest’ultima ad adeguarsi alla sua volontà e credo sia questo aspetto ad indebolire le composizioni, per quanto contengano diversi spunti interessanti ed accattivanti. “Running low” parte come una inquietante sequenza cinematografica per poi esplodere con un refrain per farla  diventare una hit con il suo “It’s a miracle, miracle, miracle…”. Beh, ci riescono perché i saliscendi strumentali sono notevoli, anche. “Out of here” spiega quello che introducevo: un pezzo dai ritmi blandi, suoni e melodie belle e sussurrate da una chitarra ispirata… poteva concludersi così, invece non resistono nel farla esplodere ancora con il vocalizzo di rito di Solberg. Bellissimo l’intro elettronico di “Silhouette” che si fonde perfettamente alla ritmica imbastita da Kalstad. “All the moments” ripete le caratteristiche di “Out of here” al piano  e più malinconica me meno interessante. L’architettura sincopata e la chitarra stoppata sono le caratteristiche del sound dei Leprous, ed in “Have you ever?” sembrano raggiungere i picchi, un pezzo davvero sperimentale nella ritmica che attrae falsetti di archi e vocalizzi di Solberg in spolvero. Sulla chitarra ritmica è concentrata “The silent revelation”, raffinata nel suo gioco di archi ma prevedibile. Il rock più lineare di “The shadow side” potrebbe renderla un vero hit, contenente addirittura un guitar solo. L’arpeggio che introduce “On hold” promette tanto e bene, e mantiene le attese. Finalmente un pezzo tondo, compiuto… Solberg sontuoso, irresistibile, struggente, dai vocalizzi altissimi quando necessario. Meravigliose le chitarre sottotraccia ed i violini che enfatizzano la malinconia e l’inquietudine del pezzo. L’atmosfera resta pacata con “Castaway angels” che ha un incedere molto bello grazie al solito Solberg ispiratissimo ed emozionantissimo ed  all’intreccio  stellare della chitarra ritmica. Il finale del disco i Leprous lo dedicano d’abitudine con un pezzo Prog. “Nighttime disguise” vuole esaltare i singoli musicisti. Un saliscendi tra atmosfere tese ed inquiete e puntellature al piano che sviluppa poi un motivo accattivante con il cantato più basso di Solberg fino a chiudere con reminiscenze doom. Tanta “carne al fuoco” in questo disco fondamentalmente complesso, raffinato e con alcuni passaggi anche molto ispirati. Mi ripeto: è difficile anche fondere tanta strumentazione e lo hanno fatto bene, eppure non riesco a parlare di quel capolavoro che aspetto e che potenzialmente possono raggiungere. Forse è troppa la voglia di mettere tanto dentro a discapito delle idee, che spesso non hanno una direzione precisa ed esaustiva.   Best tracks: “Silhouette”, “Have you ever”, “On hold”. 7/10