Quindicesimo album per questa band ormai leggenda degli amanti del Metal Progressive. I primi probabilmente  a portare il Rock ad un livello tecnico talmente estremo da averlo spesso ucciso concettualmente. E questo è avvenuto, a mio parere, nella primo decennio dei 2000 (da “Train of thought” a “Black clouds…”). Gli ultimi lavori li ho trovati davvero avvincenti, ben equilibrati tra tecnicismo e idee compositive, ritmi ipersostenuti e linee melodiche. Con quest’ultimo sembra ricominci una nuova trasformazione probabilmente dettata dai loro stessi fan che reclamavano i fasti metal di “Awake” o “Six degrees..”. E allora si attacca a mille subito con il singolo “The alien”, Petrucci si prende subito la scena e la porta avanti tra assoli (alcuni anche belli) e riff, devo dire ben seguito da un Mangini centrato; il pezzo in se resta comunque piatto. Con “Answering the call” si resta sulle stesse ritmiche ma con un Labrie che tira linee melodiche più convincenti e un  Rudess con maggiore spazio. Poi Petrucci reclama la sua parte che svolge velocissima per diversi minuti. In fondo il pezzo mi è piaciuto. “Invisible monster” vorrebbe dare un pò d’ossigeno (si fa per dire) con un mid-tempo sulla falsa riga degli album appena precedenti ma il pezzo manca di un’ idea centrale ed è troppo prevedibile, alla fine sfiancante. Stessa musica per la successiva “Sleeping giant”, 10 minuti inutili, sono cattivo, lo so. Mai abbastanza se ascoltate la successiva “Transcending time”. Finalmente si cambia registro con “Awaken the master”, il pezzo è sempre tirato ma giusti e belli gli interventi di Rudess al piano e con le pad, e soprattutto LaBrie non sembra più “cantare  a vuoto” e Mangini indaffarato come non mai! Si giunge alla tanto attesa suite finale in stile DT: “A view from the top of the world”. L’intro è davvero molto bello nel lento incedere degli archi da film kolossal, un bel lavoro tastieristico che poi presenta il riffone di Petrucci che fa partire le danze, da qui il pezzo evolve tra saliscendi in cui possono dimenarsi anche il basso di Myung (uno dei momenti migliori) ed il lavoro ritmico di Petrucci, che si fa preferire in questo caso alla solistica. Il finale è un pò stanco e quasi scomposto tra assoli e ripetizioni del tema.  Dai temi trattati (alieni ormai terrestri che viaggiano nell’universo, alienazioni umane e disagi sociali) non emerge una musica coerente ad accompagnarne la narrativa. Non ho sentito un ambient cosmico e lisergico  e questo a dimostrazione che le idee (ove ci fossero state) non erano chiare e convergenti in composizione.  Sono comunque generoso.  Best tracks: ”Answering the call”, “A view from the top…”.  7/10